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Listen

La maratona di Dottori indetta da RadioWho è arrivata al Dodicesimo Dottore, interpretato da Peter Capaldi.

In sua rappresentanza è stato scelto Listen, quarto episodio dell’ottava stagione del nuovo corso di Doctor Who, di cui si parlerà in trasmissione venerdì prossimo, 6 maggio.

Per l’occasione riportiamo alla vostra attenzione la recensione scritta dal nostro Laz per il sito ai tempi dell’uscita dell’episodio in Inghilterra, nel 2014.

Recensione di Listen

Con questo post si conclude la collaborazione tra il nostro sito e RadioWho per la maratona di Dottori, ormai giunta al termine.
L’iniziativa ci ha visto in prima linea nel supportare la web-radio: abbiamo realizzato i sottotitoli per i serial della serie classica prescelti dai conduttori, e abbiamo accompagnato e preparato la discussione sugli stessi serial tramite le nostre recensioni, scritte appositamente per questo progetto, che cercavano di fornire spunti ulteriori di critica e di commento durante la trasmissione.
Terminata la serie classica, abbiamo continuato a supportare la maratona riproponendo i sottotitoli realizzati quando vennero trasmessi per la prima volta gli episodi selezionati, e le recensioni che settimanalmente il patron Laz confezionava per il sito Serialmente prima e direttamente per Doctorwho.it poi.
Un membro del nostro staff – il sottoscritto – ha anche sostenuto un’intervista trasmessa durante una puntata del programma, con l’occasione per poter parlare del lavoro dietro alla realizzazione dei sub e nello specifico di quelli per questa maratona.
È stato un piacere collaborare con i ragazzi di RadioWho, che si sono rivelati persone entusiaste e capaci di mettere in piedi una realtà interessante e valida: quest’esperienza ci ha anche permesso di contribuire ad un ampliamento della conoscenza dei Dottori classici, troppo spesso sconosciuti ai fan della serie moderna.
Noi ci siamo divertiti molto, e se per voi è stato lo stesso siamo ancora più contenti.

The Day of the Doctor

La maratona di Dottori indetta da RadioWho è arrivata al War Doctor, interpretato da John Hurt.

In sua rappresentanza è stato scelto l’unico episodio in cui appare questa singolare incarnazione del Dottore, accompagnata dal Decimo (David Tennant) e dall’Undicesimo Dottore (Matt Smith), vale a dire lo speciale per i cinquant’anni di Doctor Who The day of the Doctor, di cui si parlerà in trasmissione venerdì prossimo, 29 aprile.

Per l’occasione riportiamo alla vostra attenzione la recensione scritta dal nostro Laz per il sito Serialmente ai tempi dell’uscita dell’episodio in Inghilterra, nel 2013.

Recensione di The day of the Doctor

EDIT: Serialmente non esiste più, quindi copiamo la recensione qui.

– Geronimo!!
– Allons-y!
– Oh, for God’s sake!

Il Giorno del Dottore è venuto e se n’è andato. Moffat aveva promesso che tutto sarebbe cambiato nell’episodio e per una volta ha mantenuto la parola data come non mai e il futuro del Dottore presenta nuove ed emozionanti potenzialità di sviluppo. Siamo pronti per altri 50 anni.

Ma ora il riassuntino dell’episodio, per vostra estrema gioia!

Oppure… no.

Seriously, non c’è un modo semplice di riassumerlo se non scrivendo un papiro come facevo anni fa quando ancora ero giovane e biondo (?), per cui ciccia, tanto l’episodio è persino andato in onda in italiano su Rai4 (due volte, nonostante le lacrime nella fabbrica della realtà). Se non l’avete visto e rivisto ho un messaggio direttamente dal Dottore.

Da dove partire? C’è così tanta carne al fuoco che è difficile. Si potrebbe partire da quello, la carne al fuoco. L’episodio doveva per definizione contenere molte cose e il Moff l’ha effettivamente riempito fino all’orlo. Tutto però funziona: La linea temporale attuale di Eleven e Clara, quella della Time War di John Hurt e quella di Ten e Liz One (possiamo chiamarla Liz One?); tutte legate tra loro e riunite grazie a… un fez! Fez che riesce a fare da denominatore comune delle vicende e a riunirle in maniera quasi lineare, considerando gli standard a cui siamo abituati. Per un episodio dalla bassa accessibilità ai “babbani”, almeno c’è un livello semplice d’accesso come linearità degli eventi.

Clara insegna alla scuola di Ian e Barbara (i companion originali del Dottore, naturalmente) ed è passato un po’ di tempo da “The Name of the Doctor“. Una routine “alla Pond” sembra aver preso piede, con il Dottore che convoca Clara a tempo perso, invece di tutti i mercoledì. L’intesa tra i due è ormai salita di livello, sarà interessante vedere come evolverà con Peter Capaldi. Torna Kate Stewart ed è giusto che nell’anniversario siano utilizzati luoghi simbolo di Londra come la National Gallery e la Torre. Alla Gallery abbiamo i quadri gallifreyani (“più grandi all’interno”, ah! come il 3D si infila nella trama senza diventare né gratuito né fondamentale) che torneranno utili in più di un occasione nel corso dell’episodio. Ma visto che siamo alla Gallery tanto vale fare subito un salto narrativo verso il finale. Tom Baker, Tom fucking Baker nel ruolo del “Curatore”. Grandissimo modo di omaggiare il più vecchio Dottore vivente e non con un semplice cammeo, ma proprio nella parte del Dottore. Perché (/mode Julie Gardner on) siamo seri, non viene semplicemente lasciato intendere, via, quello è il Dottore, dal futuro, punto e basta. Pre-Trenzalore? Post-Trenzalore? “Chi naso?” Pardon, chi lo sa? Non importa, Trenzalore verrà sicuramente spiegato nel prossimo episodio e quindi ne parleremo a Natale. Per ora abbiamo avuto una scena perfetta tra due grandi Dottori, teniamocela.

Un altro Dottore, interamente nuovo, è invece John Hurt. Un signor Dottore. Adulto, serio, ma mai noioso. Il modo con cui cazzia gli altri per il loro comportarsi da bambini è da manuale (ricorda il Primo Dottore in “The Three Doctors”, ovviamente) ed è geniale la motivazione che viene data per le differenze caratteriali: Ten e Eleven si comportano spesso da bambini perché la loro parte adulta che rifiutano è rappresentata da quello che ha fatto (o farà) proprio John Hurt.

Il nocciolo principale dell’episodio è infatti la scelta finale del Dottore, l’utilizzo del Momento, il genocidio contemporaneo di Dalek e Time Lord che rappresenta la premessa della serie attuale, da Eccleston in poi. Fino al momento in cui i Dottori sono con le mani sul big red button non avevo nemmeno concepito che potessero cambiare qualcosa. Poi hanno inquadrato Clara e… mi si è gelato il sangue. Per un singolo istante ho temuto che il Moff volesse spazzar via tutto quanto. Ma è stato un istante molto breve perché mi sono reso conto che io non l’avrei mai fatto e finora non sono mai stato tradito in questo modo né da RTD né da Moffat, perché mai sarebbe dovuto succedere ora? E infatti non è successo. Gli anni da Eccly in poi restano tali e quali, quello che cambia è che Gallifrey… STANDS. Nessuno lo sapeva finora, ma ora il Dottore lo sa, è ha uno scopo, una nuova storia che potrebbe continuare per anni… decenni. Ecco perché Moffat non mentiva, ha davvero cambiato completamente le carte in tavola. Come è giusto fare. Una volta succedeva sempre senza problemi, RTD l’aveva fatto, perché non farlo ancora? La forza della serie è restare se stessa nel cambiamento, e quale cambiamento più grande di questo? RTD aveva levato i Time Lord dalle scatole perché erano diventati un peso per la serie in quel momento… giustissimo. Questo non significa però che lo debbano essere per forza. Dipenderà da come, quando e se torneranno; sono pur sempre in un altro universo e sappiamo che non è esattamente semplice passare da un universo all’altro.

Da sottolineare anche come tutti gli avvenimenti siano stati fatti in perfetta continuità con quanto accade in “The End of Time“. All’inizio un soldato dice di comunicare al consiglio che “Arcadia è caduta” e infatti questa comunicazione arriva a Rassilon in “The End of Time”. E più avanti i generali dicono che “Il consiglio ha piani autonomi” per gestire la situazione, riferendosi proprio a quello di Rassilon, il quale alla fine del “suo” episodio viene rimandato su Gallifrey (con il Master)… e ci resta. C’è ancora. E potrebbe tornare. E così Romana, la Rani, Susan… tutti quanti i Time Lord che finora erano stati considerati fuori dai giochi. Sarà molto divertente vedere quanto della Big Finish verrà considerato canon a quel punto! Perché, just this once, everybody lives!

A voler essere più svegli di me, il fatto che avrebbero cambiato il finale della Time War era stato ampiamente preannunciato nel corso dell’episodio dall’insistenza sulla morte dei bambini. Mostrare ripetutamente i bambini di Arcadia e insistere sul numero dei miliardi di bambini sterminati per porre fine alla guerra non poteva che portare a una conclusione in cui non si sarebbero sterminati. Io però son babbo e non ci avevo pensato.

C’è anche un altro cambiamento più sottile alla mitologia della serie, quello introdotto da Tom Baker: il Dottore potrà “rivisitare” vecchie facce, come la sua. Ma magari questo è un discorso così generico da includere… Peter Capaldi? Il Dottore non ha più bisogno di abbandonare la sua parte adulta ora che sa di non aver cancellato la sua razza, sceglierà quindi volutamente Peter Capaldi? Ai tempi dell’Ottavo è abbastanza palese che non potesse scegliere niente (visto che su Karn gli danno la possibilità come un bonus aggiuntivo), ma ora? Chissà. Forse il semplice fatto di saperlo perché gliel’ha detto Tom Baker lo rende possibile. Come l’apertura delle porte del TARDIS schioccando le dita. Magari invece non c’entra nulla, lo scopriremo (forse)… a Natale.

E già che parliamo di Peter Capaldi, diciamolo: PETER CAPALDI! Quando sono apparsi i suoi occhi il cinema è esploso. (Incidentalmente… è esploso anche in mille altri punti.) Non attribuirei eccessiva importanza a quel “tutte e tredici” detto dal soldato gallifreyano, anche perché è in risposta a un “tutte e dodici”, quindi il “tutte” a prescindere non è particolarmente indicativo. L’avesse detto lui in prima persona sarebbe più vincolante, ma così… Natale, Natale! (forse.)

Rose Tyler! O meglio Bad Wolf! O meglio, Billie Piper, perché alla fine non era realmente Rose nemmeno nella forma “Bad Wolf”. Steven Moffat non ha voluto toccare la storia di Rose perché gli pare già perfetta così e pur con un bel po’ di delusione da parte mia (fosse stata “Bad Wolf” tanto poi si sarebbe dimenticata comunque!) risulta difficile dargli torto, come storia ha molto più senso così. Il fatto che il Momento abbia assunto questa interfaccia è comunque un gran tributo a questo fondamentale personaggio. Ci aveva provato anche il TARDIS in “Let’s Kill Hitler“, in fondo, e per John Hurt non c’è nessun senso di colpa a “scacciarla”. Billie Piper è fenomenale nel ruolo che pare un incrocio tra la vera Rose e il TARDIS. La sua interpretazione fa davvero sentire la mancanza del suo personaggio.

In compenso abbiamo stabilmente un’ottima Clara, che si dimostra sempre più una grande companion. Finora il suo ruolo era stato in qualche modo forzato dal suo misterioso destino e dalla velocità narrativa con cui questo si è compiuto. Ora che non c’è più nulla di misterioso, Clara è diventata finalmente una companion “normale”. Una companion che con un semplice sguardo cambia la storia facendo comprendere al Dottore che il genocidio non è l’unica soluzione. Una companion che riesce a trattare con John Hurt meglio dei sé stessi futuri. Una companion che a quanto pare ha un alto livello di sicurezza UNIT, pur non avendo mai sentito parlare di UNIT in vita sua (Timey-wimey!) (Scusa John!). Una companion che ancora una volta dimostra che il Dottore non deve mai essere lasciato solo, nemmeno con sé stesso. Perché senza di lei, Gallifrey sarebbe stato distrutto. Una companion che con un’espressione facciale magnifica frega gli Zygon con il vortex manipulator di Capitan Jack. John Barrowman per una volta aveva detto la verità e non è stato presente nello Speciale, però è stato nominato! Inoltre è presente nell’altro Speciale, “The Five(ish) Doctors Reboot”, di/con Peter Davison, con Colin Baker, Sylvester McCoy, Paul McGann e tanta altra bella gente. Se non l’avete visto… vedetelo perché è spettacolare.

Rimane da citare l’altra storyline dell’episodio, quella del Decimo Dottore, Liz One e gli Zygon. La trama, se vogliamo, secondaria. Sappiamo che Ten è nel suo periodo sabbatico pre-“The End of Time” e sappiamo anche che (come John Hurt) dimenticherà quanto accade nello Speciale. Si ricorderà però di aver sposato Liz One e lei pure si ricorderà, visto che vorrà poi fargli tagliare la testa da vecchia (in “The Shakespeare Code”). Ten era quindi a caccia di Zygon, la scusa per portare lui e la UNIT nella mischia. La trama degli Zygon è sicuramente la meno interessante dell’episodio e speriamo di vederli sfruttati ulteriormente in futuro. Viene comunque conclusa (ho visto gente lamentarsi che era stata abbandonata… no: fanno un trattato, fine). È stato bello rivedere Ten, vedere le sue differenze da Eleven quando interagiscono tra di loro e vedere le loro somiglianze, agli occhi di John Hurt.

John Hurt, che aggiungere? Grande Dottore per un’unica occasione. Abbiamo un precedente in Paul McGann e sappiamo che non verrà dimenticato solo per la quantità. Anzi, in questo caso abbiamo anche la qualità della storia, oltre a quella del Dottore, a differenza di McGann. Compiuto il suo compito, John Hurt rigenera “per stanchezza/vecchiaia” (con le stesse parole usate dal Primo Dottore). Peccato non aver potuto vedere Eccleston in una nuova scena. E qui no si può fare a meno di pensare a come sarebbe stato tutto lo Speciale con Eccleston al posto di John Hurt (perché immagino che l’idea iniziale fosse quella). Anche lui avrebbe potuto insultare le sue future incarnazioni… se ci pensiamo avrebbe potuto fare praticamente tutto quello che fa John Hurt. Ma ormai è inutile e a prescindere da tutto John Hurt è stato… fantastic. Niente miglioramenti sulle orecchie però, John, mi spiace!

Varie ed eventuali:
– Il Dottore non sa più quanti anni abbia. Finalmente viene detto chiaro e tondo;
– Ora abbiamo visto tutte le rigenerazioni;
– Il codice del vortex manipulator è 1716231163. Ora e data di trasmissione del primo episodio;
– In “Summer Falls”, il romanzo/racconto “scritto da Amy”, compare un certo “Curatore”;
– Il numero del telefono del Dottore è sempre quello: 07700900461. Chi se lo ricordava ha capito subito da chi provenisse la telefonata;
– Se il fez che Eleven trova è stato messo lì da Liz One perché proviene da questa storia, allora… be’, avremo gente che ci chiederà per anni e anni da dove arrivi con precisione ancor più del cacciavite sonico di “The Big Bang”;
– La sciarpa di Osgood! Era solo una fangirl del Dottore (possibile, visto che come membro dell’UNIT lo conosce) oppure è un regalo del Curatore?
– “I don’t want to go”. Suvvia, non fate le fangirl, è stato divertente sdrammatizzarci sopra;
– L’intero episodio è un grandissimo omaggio all’epoca di Russell T. Davies. Nulla è stato cancellato e nulla è stato vanificato, al contrario le basi della sua era sono state esaminate e approfondite. Sarei voluto essere una mosca nella stanza di Russell mentre vedeva l’episodio per la prima volta, per vederlo gongolare di felicità.
– I Dottori riescono a tornare durante la Time War perché il Momento/Rose/Bad Wolf lo permette loro, pur essendo timelocked;
– La differenza rispetto a prima è che Gallifrey era stato distrutto alla fine della Time War (dal Dottore, con il Momento), mentre ora è stato nascosto in un universo “tascabile”, con il mondo che lo crede distrutto. Il fatto che la Time War sia timelocked non implicava che Gallifrey continuasse a esistere all’interno di questo “timelock”, voleva solo dire che non si poteva uscire ed entrare. Ma la Time War è finita se si va in un momento successivo.

E basta, perché si potrebbe andare avanti per ore.

Ho avuto la fortuna di poter vedere l’episodio al cinema a Londra, con decine di altri fan. L’effetto della visione collettiva è unico; le sorprese, i momenti di esaltazione, le apparizioni, le modifiche temporali, le urla, le risate, Peter Capaldi, Tom Baker (prima con la voce – qualche gemito qua e là nella sala – e poi con la faccia – urla di ogni genere)… vivere insieme queste esperienze vale molto di più della visione solitaria o con amici. Dovrebbero farlo tutti i sabati!

Ho scritto queste poche parole il giorno dopo aver visto l’episodio, e poi le ho lasciate lì per vedere se dopo qualche giorno l’effetto sarebbe stato diverso. Ho fatto i sottotitoli (così sono certo che non mi sia scappato nulla), li ho fatti anche di “An Adventure in Space and Time” (se non l’avete visto guardatelo e piangete, piangete, piangete…) e poi son tornato qui, con l’intenzione di sistemarlo un po’. Ma alla fine… l’ho lasciato com’era, a parte qualche errore di ortografia e qualche dannato inciso di troppo. Il tono non è alto, ma di certo è sincero.

Vorrei annoiarvi ancora un po’ dicendo quanto è figo Murray Gold e… lo faccio. Con un punto di domanda però, mi è parso che sia stata riciclata musica dai vecchi episodi a volte fuori posto. La rigenerazione di John Hurt, per esempio, mi ha un attimo perplesso vederla con “The Sad Man in a Box” come sottofondo. Bellissimo tema, il mio preferito in assoluto, ma… rigenerazione? E “The Wedding of River Song” con Tom Baker? Boh. Se venisse da Murray Gold mi andrebbe bene, ma se invece avessimo appena assistito a un “George Lucas in Episode I” applicato all’episodio mi andrebbe meno bene.

Decido infine unilaterlamente di piantarla con voti fuori misura, perché con Doctor Who, almeno per quanto riguarda gli episodi importanti (cioè scritti da Steven Moffat) il voto fuori misura è sostanzialmente la norma e finisce per diventare ridicolo. Diciamo che siamo semplicemente al massimo. Definiamolo Fuck Yeah, se vogliamo.

Ci vediamo tra un mese su Trenzalore! (Forse.)

PS: Qualche imbecille ha diffuso la trama dello Speciale di Natale, “The Time of the Doctor”. Siete vivamente pregati di non farne nemmeno vagamente riferimento nei commenti, grazie.

“The Day of the Doctor” è stato scritto da Steven Moffat.

(Grazie a Morry, che con me cura Doctor-Who.it, per l’aiuto!)

Amy’s choice

La maratona di Dottori indetta da RadioWho è arrivata all’Undicesimo Dottore, interpretato da Matt Smith.

In sua rappresentanza è stato scelto Amy’s choice, settimo episodio della quinta stagione del nuovo corso di Doctor Who, di cui si parlerà in trasmissione venerdì prossimo, 22 aprile.

Per l’occasione riportiamo alla vostra attenzione la recensione scritta dal nostro Laz per il sito Serialmente ai tempi dell’uscita dell’episodio in Inghilterra, nel 2010.

Recensione di Amy’s choice

Midnight

La maratona di Dottori indetta da RadioWho è arrivata al Decimo Dottore, interpretato da David Tennant.

In sua rappresentanza è stato scelto Midnight, decimo episodio della quarta stagione del nuovo corso di Doctor Who, di cui si parlerà in trasmissione venerdì prossimo, 15 aprile.

Per l’occasione riportiamo alla vostra attenzione la recensione scritta dal nostro Laz per il sito Serialmente ai tempi dell’uscita dell’episodio in Inghilterra, nel 2008.

Recensione di Midnight

Dalek

Dalek_intWhat for? What’re you going to do to me? Because if you can’t kill, then what are you good for… Dalek? What’s the point of you? You’re nothing! What are you doing here? What the hell are you here for?

Il Dottore e la sua compagna Rose Tyler si ritrovano, grazie ad un segnale che ha attirato l’attenzione del TARDIS, in una specie di museo sotterraneo di oggetti alieni. Scoprono presto che il tutto è di proprietà di un misterioso miliardario, Henry Van Statten, il quale nella sua collezione ha anche un essere vivente, che il Dottore scopre con orrore essere un Dalek, ultimo esponente della razza sua acerrima nemica, sopravvissuto alla Guerra del Tempo.

La prima stagione del “New Who”, il rilancio di Doctor Who del 2005 dopo il il primo, abortito progetto del 1996, aveva offerto pochi episodi prima di Dalek (qui i nostri sottotitoli), eppure tra alti e bassi di cose notevoli gli sceneggiatori erano già riusciti a metterne. Ma probabilmente proprio Dalek è il primo ad essere così intenso e a mostrare così bene le potenzialità di questa rilettura moderna della serie e della nuova incarnazione del protagonista.
L’episodio ha infatti il difficile compito di introdurre per gli spettatori più giovani i Dalek, i più terribili rivali del Dottore, spiegando chi sono e quali sono le loro caratteristiche e i loro scopi, senza annoiare con troppi “spiegoni” e senza eccessivi riferimenti al passato, il tutto in soli 45 minuti. Lo sceneggiatore Robert Shearman centra nell’obiettivo riuscendo non solo a gestire molto bene il concetto di Dalek, ma anche rimettendolo in discussione attraverso questo particolare esemplare e la crisi a cui va incontro per colpa della contaminazione genetica con il DNA di Rose.
Il risultato è un episodio che riesce a commuovere lo spettatore muovendolo a pietà proprio verso quell’essere che per quasi tutta la durata della puntata viene visto come una macchina di morte con cui non si può ragionare ma che si può solo uccidere.
Non manca poi l’azione, le fughe per i corridoi (!) e un personaggio come Van Statten, un borioso che non si può fare a meno di odiare ma molto utile ai fini della trama. Meno interessante risulta il giovane genietto inglese che lavora per lui e che si invaghisce di Rose, che pur presente anche nell’episodio successivo avrà vita breve nella serie.

Il Nono Dottore è interpretato da Christopher Eccleston, che si rivela essere una scelta assolutamente calzante per quanto forse “di rottura” rispetto a quelle che erano stati gli attori e gli stili della serie classica. Eccleston ha un aspetto giovanile e un costume molto minimale, dal momento che è vestito normalmente e l’unico capo che spicca in quanto a rappresentatività è la la sua giacca di pelle nera. I capelli rasati, le orecchie a sventola e il suo “sorrisone” completano il quadro, consegnandoci un Dottore dall’apparenza meno eccentrica rispetto al passato ma in grado di recuperare appieno l’essenza del personaggio, evolvendola in alcuni punti ben precisi per renderlo un personaggio maggiormente al passo coi tempi.
D’altro canto il Nono è il primo Dottore a venire dopo la Guerra del Tempo, concetto ancora fumoso posto dallo showrunner Russel T Davies in un punto imprecisato tra Doctor Who – The movie e la prima stagione della rinascita della serie. Alcuni elementi come una maggior dose di dolore e malinconia sono anche narrativamente giustificati, e riuscendo comunque a non sacrificare il carattere giocherellone, caritatevole e coraggioso che contraddistingue il Dottore, sono degli elementi che vanno ad arricchire una figura già interessante.

Billie Piper interpreta invece Rose Tyler, la sua companion della prima stagione, l’unica che accompagna il Nono Dottore nei suoi viaggi vista la breve permanenza di Eccleston nella parte.
Rose è un buon personaggio: viene trattata come il prototipo della ragazza moderna, quindi sia l’abbigliamento casual che gli atteggiamenti risultano molto da giovani dei primi anni 2000. La sua funzione, come del resto già nella serie classica, è quella di essere dalla parte dello spettatore e di porre al Dottore le domande che porrebbe il pubblico sulle cose fantastiche che fa. Identificarsi con una giovane e bella ragazza dei giorni nostri è sicuramente molto facile, e in questo Rose ricopre benissimo il proprio ruolo. Sa anche fare la sua parte in alcune situazioni critiche, ha spirito d’iniziativa, verso la fine dell’episodio si contrappone addirittura al Dottore nel tentativo di fargli capire le sue ragioni.
Non mancano i difetti: è spesso troppo civettuola, ogni tanto è un po’ leggera e a volte inopportuna. Ma tutto sommato sa essere la compagna giusta nel momento storico giusto.

Dalek colpisce: il Dottore soffre, ricorda per la prima volta in modo così intenso l’ecatombe della Guerra del Tempo, quasi impazzisce quando rivede in faccia il suo mortale nemico… è tremendamente umano e credibile, e lo spettatore empatizza con lui, per poi sul finale empatizzare anche con il Dalek.
Un episodio completo ed emozionante.