What for? What’re you going to do to me? Because if you can’t kill, then what are you good for… Dalek? What’s the point of you? You’re nothing! What are you doing here? What the hell are you here for?
Il Dottore e la sua compagna Rose Tyler si ritrovano, grazie ad un segnale che ha attirato l’attenzione del TARDIS, in una specie di museo sotterraneo di oggetti alieni. Scoprono presto che il tutto è di proprietà di un misterioso miliardario, Henry Van Statten, il quale nella sua collezione ha anche un essere vivente, che il Dottore scopre con orrore essere un Dalek, ultimo esponente della razza sua acerrima nemica, sopravvissuto alla Guerra del Tempo.
La prima stagione del “New Who”, il rilancio di Doctor Who del 2005 dopo il il primo, abortito progetto del 1996, aveva offerto pochi episodi prima di Dalek (qui i nostri sottotitoli), eppure tra alti e bassi di cose notevoli gli sceneggiatori erano già riusciti a metterne. Ma probabilmente proprio Dalek è il primo ad essere così intenso e a mostrare così bene le potenzialità di questa rilettura moderna della serie e della nuova incarnazione del protagonista.
L’episodio ha infatti il difficile compito di introdurre per gli spettatori più giovani i Dalek, i più terribili rivali del Dottore, spiegando chi sono e quali sono le loro caratteristiche e i loro scopi, senza annoiare con troppi “spiegoni” e senza eccessivi riferimenti al passato, il tutto in soli 45 minuti. Lo sceneggiatore Robert Shearman centra nell’obiettivo riuscendo non solo a gestire molto bene il concetto di Dalek, ma anche rimettendolo in discussione attraverso questo particolare esemplare e la crisi a cui va incontro per colpa della contaminazione genetica con il DNA di Rose.
Il risultato è un episodio che riesce a commuovere lo spettatore muovendolo a pietà proprio verso quell’essere che per quasi tutta la durata della puntata viene visto come una macchina di morte con cui non si può ragionare ma che si può solo uccidere.
Non manca poi l’azione, le fughe per i corridoi (!) e un personaggio come Van Statten, un borioso che non si può fare a meno di odiare ma molto utile ai fini della trama. Meno interessante risulta il giovane genietto inglese che lavora per lui e che si invaghisce di Rose, che pur presente anche nell’episodio successivo avrà vita breve nella serie.
Il Nono Dottore è interpretato da Christopher Eccleston, che si rivela essere una scelta assolutamente calzante per quanto forse “di rottura” rispetto a quelle che erano stati gli attori e gli stili della serie classica. Eccleston ha un aspetto giovanile e un costume molto minimale, dal momento che è vestito normalmente e l’unico capo che spicca in quanto a rappresentatività è la la sua giacca di pelle nera. I capelli rasati, le orecchie a sventola e il suo “sorrisone” completano il quadro, consegnandoci un Dottore dall’apparenza meno eccentrica rispetto al passato ma in grado di recuperare appieno l’essenza del personaggio, evolvendola in alcuni punti ben precisi per renderlo un personaggio maggiormente al passo coi tempi.
D’altro canto il Nono è il primo Dottore a venire dopo la Guerra del Tempo, concetto ancora fumoso posto dallo showrunner Russel T Davies in un punto imprecisato tra Doctor Who – The movie e la prima stagione della rinascita della serie. Alcuni elementi come una maggior dose di dolore e malinconia sono anche narrativamente giustificati, e riuscendo comunque a non sacrificare il carattere giocherellone, caritatevole e coraggioso che contraddistingue il Dottore, sono degli elementi che vanno ad arricchire una figura già interessante.
Billie Piper interpreta invece Rose Tyler, la sua companion della prima stagione, l’unica che accompagna il Nono Dottore nei suoi viaggi vista la breve permanenza di Eccleston nella parte.
Rose è un buon personaggio: viene trattata come il prototipo della ragazza moderna, quindi sia l’abbigliamento casual che gli atteggiamenti risultano molto da giovani dei primi anni 2000. La sua funzione, come del resto già nella serie classica, è quella di essere dalla parte dello spettatore e di porre al Dottore le domande che porrebbe il pubblico sulle cose fantastiche che fa. Identificarsi con una giovane e bella ragazza dei giorni nostri è sicuramente molto facile, e in questo Rose ricopre benissimo il proprio ruolo. Sa anche fare la sua parte in alcune situazioni critiche, ha spirito d’iniziativa, verso la fine dell’episodio si contrappone addirittura al Dottore nel tentativo di fargli capire le sue ragioni.
Non mancano i difetti: è spesso troppo civettuola, ogni tanto è un po’ leggera e a volte inopportuna. Ma tutto sommato sa essere la compagna giusta nel momento storico giusto.
Dalek colpisce: il Dottore soffre, ricorda per la prima volta in modo così intenso l’ecatombe della Guerra del Tempo, quasi impazzisce quando rivede in faccia il suo mortale nemico… è tremendamente umano e credibile, e lo spettatore empatizza con lui, per poi sul finale empatizzare anche con il Dalek.
Un episodio completo ed emozionante.