Twice Upon a Time

“Laugh hard. Run fast. Be kind. Doctor, I let you go.”

Lo so, lo so. Non ho mai commentato la decima stagione, alla fine. E m’è pure piaciuta (non come la nona, ma più dell’ottava)… ma alla fine non ho avuto il tempo e l’occasione per farlo.

Ma non posso lasciare passare questo episodio senza dire almeno due parole!

Capaldi è stato un grandissimo Dottore, mi manca già moltissimo e al momento fatico a pensare a chiunque altro nei panni del Dottore. In questo ultimo suo episodio è davvero perfetto e il suo discorso finale finisce subito in testa alle migliori rigenerazioni di sempre. E come non associare le cose che il Dottore dice al suo successore a quello che Moffat direbbe a Chibnall? Le ultime parole del Dottore sono “Doctor, I let you go”, ma sono anche le ultime parole di Moffat. Mai tanto nei panni del Dottore come ora. E di Bill, che poco prima ricorda che la cosa più difficile con il Dottore sia appunto lasciarlo andare.

Anche David Bradley è stato perfetto nel ruolo del Primo Dottore. L’avevamo già capito tutti in An Adventure in Space and Time, ma vederlo realmente nel ruolo del Dottore è stato fantastico. E il suo rapporto con il Dodicesimo è stato gestito in maniera a dir poco perfetta. Sì, è stato accentuato un po’ il suo sessismo (in realtà quasi assente dalle storie originali o quantomeno non presente in questa maniera esasperata), ma è stata un ottimo modo per mostrare il contrasto con il Dottore odierno e anche per far capire a un certo genere di “fan” che Jodie Whittaker oggi non può che essere la benvenuta.

Jodie Whittaker… che in meno di un minuto e mezzo riesce subito a essere fantastica e a farsi amare, con quell’espressione felice alla David Tennant e il suo “Brilliant!” che sembra un po’ ancora provenire dall’uscente Capaldi, affascinato dal cambiamento. Il TARDIS sembra meno impressionato però, se vogliamo leggere la caduta del Dottore come un “Ma chi sei tu? Che vuoi?”. Lo scopriremo tra qualche mese! Certo è che Chibnall è stato furbo a evitare controlli manuali su parti del corpo, propendendo per un molto più semplice schermo. Certo è anche che il Tredicesimo Dottore inizia sostanzialmente come l’Undicesimo (l’unica differenza è che l’Undicesimo era riuscito a malapena a restare aggrappato al TARDIS).

E passiamo a Murray Gold. Una frase scritta decine e decine di volte, su queste pagine, ma che forse ora è stata scritta per l’ultima volta. Continua a essere solo una voce, ma non ci sono ancora state smentite… La voce vuole Murray Gold fuori dalla prossima stagione. Peggio ancora, la voce dice che sia stato Chibnall a non volerlo (immagino semplicemente per portarsi il suo. Ma in ogni caso… non si fa Chibnall, non si fa. Se Murray Gold vuole restare, Murray Gold deve restare, fine del discorso.) Quindi, sperando siano voci false e/o che Chibnall rinsavisca, in questo episodio Murray Gold è stato assolutamente fenomenale. Non solo tanta musica nuova e originale, ma anche il ritorno di tanti vecchi temi che non si sentivano da anni… il tema del nono (e decimo) Dottore, “Doomsday”, “Vale Decem”, “I Am the Doctor” e molto altro. Anche in nuovi e fantastici arrangiamenti. E fino alla fine, fino all’anello che cade dal dito di Jodie. Brividi. Quando pubblicheranno i CD spero che riservino alla colonna sonora di questo episodio un CD intero, come stanno facendo con “Heaven Sent” per la nona.
Naturalmente questa ricchezza di temi nell’episodio potrebbe essere la conferma che questo è un addio. Ma non ci pensiamo, non ci pensiamo ancora e godiamoci la musica.

Torniamo all’episodio… Clara! Che bella idea e quant’è felice il Dottore di riavere i suoi ricordi. Alla faccia degli haters di Clara, anche questa storia è giunta al termine nella maniera migliore.

E naturalmente Bill. Non si riusciva a capire in effetti in che modo Bill sarebbe potuta essere nell’episodio (a meno di tornare con Heather, ma sarebbe stato strano). Così invece tutto ha senso e non c’è bisogno di far risorgere o recuperare nessuno dal passato. Pure Nardole può ricomparire tranquillamente, visto che comunque prima o poi pure lui morirà e verrà “salvato” (certo che questa tecnologia porta all’estremo quello che succede a River Song in biblioteca. I ricordi di tutti vengono salvati, quindi, sostanzialmente, Moffat finisce la sua gestione con un enorme EVERYBODY LIVES, così come avevo iniziato nel 2005 in “The Doctor Dances”.

E questo include il “nonno” del Brigadiere! Era scontato, ma come ho detto molte volte, meglio una cosa scontata e logica di una sorpresa illogica. Il personaggio interpretato da Mark Gatiss era già bellissimo di suo (pur non facendo altro che bere brandy e dire che non capiva niente), renderlo il “nonno” del Brigadiere, in un ennesimo giusto omaggio a quest’ultimo, chiude di nuovo il cerchio. Perché ho messo “nonno” tra virgolette? Perché in realtà il nonno paterno del Brigadiere non si chiama così ed è un personaggio già esistente nella particolare continuity del Brigadiere i cui diritti sono degli eredi dei suoi creatori. Quindi per loro questo non può che essere il “prozio”. (Cose strane i diritti sulla creazione dei personaggi nel Regno Unito.) Chissà, magari invece in futuro scriveranno un libro per integrare questa storia nella sua continuity!

Infine, meravigliosa l’idea di ambientare il tutto in corrispondenza della tregua di Natale del 1914.

Ho visto che i pochi che si sono lamentati dell’episodio si sono lamentati soprattutto per l’assenza di una storia vera e propria… è questo è in realtà abbastanza vero. Tra l’altro non c’era un nemico! Anche la misteriosa forma “aliena” non era cattiva e questa in realtà l’ho trovata davvero una cosa molto originale. Ma in ogni caso la storia in questo caso è secondaria, è la scusa per permetterci di sentire i due Dottori parlare tra di loro. Per permetterci di apprezzarne le differenze e la maturazione nel corso dei decenni (o dei secoli, a seconda dei punti di vista). Per farci godere delle fantastiche interpretazioni di tutti quanti. Per capire quanto costi lasciare andare un Dottore e come il suo ruolo sia quello di chi interviene quando l’universo non riesce a essere una favola. In “The Eleventh Hour” Moffat aveva stabilito che questa era una favola e ora, ottantatre episodi dopo, lo ribadisce prima di andarsene. E lo è perché è il Dottore a renderla tale.

Non saprei che altro aggiungere… Capaldi è stato un grandissimo Dottore, Moffat è stato ancora più grande come autore e showrunnerSherlock e Dracula (e magari un film di Press Gang? No, eh?).

Chris e Jodie, ora tocca a voi.

10 su 10.

2 commenti su “Twice Upon a Time”

  1. E niente, ogni volta che vedo brani dell’episodio piango. Capaldi nel tempo mi ha conquistato lentamente ma con garbata fermezza. Infine (non che sia anomalo, anzi) come al solito in questi frangenti mi ritrovo che lacrimo ma con la bocca in un mezzo sorriso perché so già che quello che arriverà (benvenuta 13) mi porterà altrove.
    Devo avere quel cd di cui parli con le musiche di Heaven Sent, ne necessito.
    Detto ciò, saluti e a risentirci!

  2. Concordo alla perfezione, questo episodio è stato un perfetto connubio di maestria e amore per la serie che tutto lo staff ha messo a disposizione.
    Spero di non essere insolente nel far notare, a mio parere, una menzione a un altro personaggio che ha contribuito a rendere più avvincente e ha aggiunto anche quel tocco di ironia all’episodio: parlo ovviamente del nostro amichevole dalek di quartiere, RUSTY!
    l’idea di inserire un personaggio secondario, ma di rilievo, e dargli spazio in questo fine-epoca del whoverse a mio avviso è stato un tocco magistrale, e poi diciamocelo, chi non vuole bene a Rusty?
    approfitto per dare un caloroso benvenuto al Dottore (o Dottoressa? non saprei)

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